Le origini del metodo Danza Movimento Naturale
Il metodo Danza Movimento Naturale (DMN) nasce nel 2005 da Giovanni Zappulla, coreografo, danzatore e direttore artistico del centro coreografico L’espace. La lunga permanenza in Francia, precisamente al Conservatorio nazionale di musica e danza di Boulogne-Billancourt e al RIDC (Rencontres Internationales de Danse Contemporaine) – dà a Giovanni una forte impronta pedagogica, la quale lo spinge ad approfondire le tecniche e il percorso già intrapreso dalla danzatrice Isadora Duncan (1877-1827).
Sulle tracce di Isadora Duncan: il genio ribelle e il suo "movimento interno"
Isadora fu un genio ribelle e tassello imprescindibile della storia della danza perché non ebbe un’educazione accademica precostituita ed ebbe il coraggio di esplorare. La Danza Movimento Naturale, dunque, prende le mosse dall’approfondimento delle tecniche della danzatrice statunitense, la quale fu la prima a parlare di movimento interno. “Potremmo definirlo come un movimento che risolve finalmente la dicotomia tra spirito e corpo. Una dicotomia che si è imposta come una sovrastruttura ma che i greci non conoscevano: in teatro stavano insieme musici, attori, danzatori. Allo stesso modo, il movimento interno parte dall’anima, si irradia alle ossa e ai muscoli profondi, alla mente e al corpo. É una forza che non siamo più abituati a utilizzare da secoli”, precisa Zappulla.
La connessione con le discipline orientali
Il metodo DMN, nato dalla collaborazione tra il coreografo e la danzatrice Annachiara Trigili, si sviluppa con l’unione sostanziale della danza contemporanea con la musica e dall’incontro con il Taijiquan Chen e il Qigong, discipline in cui si ritrova il concetto di movimento interno e coerente alla natura umana negli aspetti biomeccanici, energetici e psichici. “Non deve stupire che pensiero e tecniche occidentali si incontrino con quelle orientali, esattamente come la mente e il corpo tornano a dialogare attraverso il metodo Danza Movimento Naturale, perché il corpo umano è concepito come uno strumento orchestrale. Ha la stessa armonia che ritroviamo nelle immagini delle figure greche danzanti, la stessa che cercava nei musei Isadora, per poi riportarla in teatro, il luogo naturale di quest’armonia”, osserva Zappulla.
Domande da cui (ri)partire
Ciò che la danza contemporanea ha ricominciato a fare da poco più di un secolo è dare opportunità al corpo di costruire la sua storia naturale, di esprimere il suo movimento essenziale secondo il suo reale equilibrio e nel metodo DMN il corpo impara ad ascoltare queste leggi.
“Dobbiamo partire da alcune domande: lasciamo il nostro corpo esprimere il suo proprio ritmo? Come possiamo seguire i suoi meccanismi naturali per muoverci realmente, indipendentemente dall'effetto da produrre e dal risultato da raggiungere? Come spostarci lentamente o velocemente senza che venga imposto un funzionamento artificiale? Se il progresso tecnologico ha contribuito a restringere lo spazio-tempo in cui acquisiamo informazioni in modo bulimico, che ne è dello spazio-tempo individuale?”, si chiede Giovanni Zappulla.
La Sicilia, l’estero, il passato e il futuro
Il metodo DMN, esportato già oltre confine, dalla Francia al Messico e attraverso laboratori e spettacoli, si basa sulla concezione secondo la quale il corpo del danzatore non viene più considerato come un oggetto da sottoporre a un’usura spesso irreversibile in omaggio all’estetica del movimento, bensì centro di forza, crescita, e benessere. Così il danzatore diventa forte attraverso la danza stessa; la danza torna a essere naturale, incredibilmente ricca; i corpi possono andare ben oltre le questioni di tecniche e stili; il movimento ha una sua verità.
“Allo stesso tempo, la ricerca che porto avanti non poteva che nascere in Sicilia. La compagnia che dirigo non poteva che essere concepita in una terra con un patrimonio immenso di cultura a tutto tondo e che possiede le forze e le capacità per trovare un punto d’incontro. Una contemporaneità in continuità evolutiva con un passato in cui mente e corpo erano uniti in un’unica armonia. Il nostro compito è ritrovarla. Solo allora il danzatore si accorgerà di avere già dentro una musica, scritta soltanto per lui e non potrà fare altro che ascoltarla e condividerla”, prosegue il coreografo.